Inaugurazione Wild Art Studio

Wild Art Project

Wild Art Project è un collettivo artistico nato nel 2019 dall’incontro di Samantha Vichi e Olga Sperduti. Le due artiste sono accomunate da una propensione ad identificare l’Arte con il fare, come scambio tra diverse realtà in una dimensione laboratoriale. La mostra in corso inaugura Wild Art Studio che ospiterà eventi artistici, mostre e laboratori con l’obiettivo di riservare diverse progettazioni all’ambito sociale. Le opere e i progetti eseguiti dal collettivo hanno l’intenzione di stravolgere stereotipi e preconcetti tramite l’arte. L’utilizzo del metodo terapeutico nei loro laboratori nasce dall’intento di creare una connessione specifica tra il materiale utilizzato e chi ne fruisce allo scopo di ottenere un benessere psicologico e fisico; il pubblico co-produttore o partecipante e l’opera testimonianza di un percorso condiviso. Oltre alle opere realizzate dal collettivo durante il loro primo progetto, lo studio ospita i lavori creati nel carcere di bollate dall’artista terapista Margherita Menghini. 

Wild Art Project: Thessaloniki Project

Per un periodo di tre mesi Samantha Vichi e Olga Sperduti hanno portato avanti due distinti progetti nel campo profughi di Diavata in Grecia. Il primo laboratorio ha coinvolto le donne del campo, costruendo delle attività mirate a ricostruire uno spazio intimo e sicuro perduto, capace di rigenerare il desiderio. Durante le attività sono stati utilizzati materiali e tecniche, come il ricamo e la creta, che posseggono dei valori archetipici specifici atti a generare un dialogo extra verbale di condivisione. La seconda attività ha riguardato le adolescenti e ha ruotato intorno alla teoria artistica di F. Hundertwasser denominata -le cinque pelli-. Secondo l’artista per raggiungere il benessere psico fisico l’uomo deve trovare un equilibrio ragionando e creando attorno a diverse categorie così suddivise: io/pelle, vestiti, casa, relazioni sociali e ambiente. In mostra, le tematiche sono state rielaborate e fatte proprie dalle ragazze, utilizzando diversi tipi di materiali. Entrambi i progetti sono stati esposti presso l’Istituto Francese di Salonicco. 

Margherita Menghini: Nexilis

Si tende spesso a considerare il carcere come luogo abitato da corpi rinchiusi in delle celle. Si è inclini a non prendere in considerazione la dimensione intima dei detenuti (leib, il corpo vissuto) e la relazione che le persone hanno con il tempo e lo spazio carcerario. In questa prospettiva, la realtà del carcere diventa un luogo di sensazioni, emozioni, pensieri difficili da districare. Da questa riflessione Margherita Menghini decide di realizzare il progetto artistico Nexilis nel reparto femminile della Casa di Reclusione di Bollate, un contesto in cui le problematiche relative alla detenzione si amplificano, in quanto coesistono questioni complesse come la femminilità e la maternità. Il fulcro di Nexilis, dal latino -intrecciato- in una prospettiva artistico-terapeutica è proprio quello di dare una possibilità alle detenute di dare forma alla propria interiorità, attraverso la tecnica dell’intreccio. Le opere sono state realizzate utilizzando un materiale specifico, il midollino di giunco, chiamato così perchè viene ricavato dalla parte più interna della pianta, il midollo, la parte più profonda: l’anima.